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Movimento 5 Stelle

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venerdì 18 aprile 2014

Manovra finanziaria italiana. Un aiuto ai lavoratori dipendenti?

In Italia ci si appresta all'approvazione della manovra finanziaria.
Mediaticamente, Uno dei più importanti provvedimenti è l'aumento di (massimo) 80€ per i dipendenti che percepiscono uno stipendio minore di 1500€ al mese, su cui il governo ha impostato molta comunicazione per la prossima campagna elettorale per le elezioni europee. 
Parole del Presidente del Consiglio che si è speso moltissimo per spiegarlo in tutte le televisioni nazionali.
Non voglio qui discutere la copertura di tale provvedimento, il quale avrà la portata di circa 10 miliardi, che sarà trovata nella diminuzione dei serivizi proprio a quelle persone che ne beneficieranno. Il classico pensiero neoliberista: si diminuiscono le tasse del 5% e si triplicano costi dei servizi in modo da annnullare il vantaggio fiscale. Ma rendendo precario il futuro personale, e disastroso qualsiasi imprevisto.
Voglio invece riflettere sugli obiettivi del provvedimento. Riflessione che dovrebbe servire anche al nostro impegno nel progettare un sistema di mobilità differente.
Il provvedimento si rivolge ad una specifica categoria di persone: dipendenti a basso reddito.
Pendolari. Proprietari di un'auto che serve a raggiungere il luogo di lavoro e per i piccoli spostamenti di piacere e divertimento nel week end.
Tra i commenti più evidenziati dai giornali italiani quello che più colpisce è: "con gli 80€ pago la benzina per andare a lavorare".
Molti di voi hanno già capito l'immediato pensiero che mi è sgorgato.
Ma se il vantaggio fiscale ha un costo così alto per tutta la società e, in ultima analisi, servirà per pagare gli spostamenti casa-lavoro, non era più semplice pensare a un provvedimento che raggiungesse lo stesso obiettivo senza costi?
Inoltre il provvedimento del Governo italiano avvantaggia solo una piccola parte di lavoratori. Chiaramente non avvantaggia i redditi alti, ma neppure gli incapienti (coloro che non hanno reddito oppure hanno redditi minimi), i disoccupati, gli studenti, le casalinghe, i lavoratori autonomi, i pensionati....spero di non aver dimenticato nessuna categoria.
Noi sappiamo perfettamente che il trasporto è sinonimo di libertà e di possibilità lavorative. Quindi la mobilità è una necessità. 
Se il Governo avesse ragionato in questi termini, e avesse i dati che abbiamo noi, avrebbe attuato una norma semplicissima, senza costi e che avrebbe avvantaggiato tutti i pendolari.
Rendere operativo il trasporto pubblico pubblico gratuito avrebbe centrato l'obiettivo senza bisogno di copertura, sappiamo che la bigliettazione è antieconomica per il trasporto pubblico urbano, e sarebbe stata socialmente giusta, avvantaggiando tutte le categorie.
Non sto qui a evidenziare i vantaggi economici esterni al potenziamento del trasporto pubblico.
Se il Governo avesse "investito" 10 miliardi nel trasporto pubblico rendendolo gratuito avrebbe centrato  tutti gli obiettivi prefissati.
Per lavorare siamo obbligati a possedere un'auto. Per divertirci siamo obbligati a possedere un'auto. Per curarci siamo obbligati a possedere un'auto. Per avere una famiglia siamo obbligati a possedere un'auto. Per comprare da mangiare abbiamo bisogno di possedere un'auto.
Se avessimo un sistema di trasporto pubblico efficiente pagato secondo le singole capacità contributive, così come recita la Costituzione italiana e quasi tutte le Costituzioni occidentali, avremmo la possibilità di non essere obbligati a possedere un'auto.
Già...ma se avessimo bisogno di un'auto per un imprvevisto? A questo ci pensa il car-sharing. Che è la costola privata ma flessibile del sistema automobilistico.
Esiste questo modello di trasporto? È attuabile?
Questo sistema di chiama Free Public Transport.
E noi sappiamo che si può fare. Ma ancora di più: sappiamo come farlo.
Per le prossime elezioni europee chiediamo ai nostri rappresentanti di spendersi per questo modello di sviluppo. Nel caso non lo comprendessero, organizzate un incontro, sarà un piacere per uno di noi spiegarlo in modo approfondito.

lunedì 14 aprile 2014

ITEA e i presunti risparmi

Ho appena inviato una lettera ai giornali relativa al caso del risparmio Tares ITEA annunciato stamane.
Ho già affrontato il caso nell'autunno scorso, pe chi volesse riguardare l'articolo: http://paolovergnano.blogspot.com/2013/10/trento-rise-deloitte-itea-e-gli.html

Gentilissimo Direttore,
Una breve lettera sul "caso ITEA".
Come candidato alle elezioni provinciali dell'anno scorso, mi sono occupato approfonditamente del sistema della società che si occupa dell'edilizia popolare in Trentino.
Unica in Italia ad essere SpA, viene gravata da una fiscalità propria delle società per azioni, tra cui il capitolo più evidente rimane la tassazione sugli immobili.
Prima l'ICI, poi l'IMU, ora la Tares ne hanno svuotato le casse per parecchie decine di milioni di Euro.
Nel 2014 se ne prevedono 9 milioni. 
La soluzione più semplice e immediata era la ritrasformazione (mi scusi il termine orrendo) in Ente della Provincia, con la conseguente riassunzione di parte del personale. Dico parte in quanto l'altra è già, o dovremmo dire ancora, dipendente provinciale.
Ma i nostri politici non vogliono proprio arrendersi all'idea che talvolta "pubblico" equivale a risparmio, e piuttosto che effettuare tale operazione hanno chiesto ai nostri parlamentari di firmare un emendamento che permetta a tale società un risparmio del 50% delle imposte Tares.
Ripeto, il 50%, non il 100%.
Non si tratta quindi, come scritto, di un risparmio di 4,5 milioni, ma bensì di una spesa di 4,5 milioni.
Inoltre mi chiedo, non da giurista ma da semplice cittadino, quale sia la discriminante di applicazione di tale provvedimento...i senatori Panizza e Tonini hanno deliberatamente scritto il nome delle società a cui tale vantaggio fiscale si applichi? 
Non é che la Corte Costituzionale determinerà la sua incostituzionalità tra 8 o 10 anni obbligando il Trentino a pagare allo Stato una cinquantina di milioni di tasse non versate?
Magari interessa a tutti i trentini sapere come risparmiare il 50% delle tasse...se i nostri rappresentanti ce lo spiegassero sarebbero veramente gentili.       

venerdì 11 aprile 2014

Servizi pubblici e privatizzazione

Sembrerà strano sentire un imprenditore, che crede fermamente nel libero mercato, scrivere queste poche parole.
Ma in questi ultimi tempi ho maturato una visione dell'imprenditoria privata come questa é, senza falsi pudori nè foglie di fico.
Lo scopo dell'imprenditore é l'utile aziendale e personale.
Come lo persegua é delegato alla sua coscienza o alle leggi a cui é sottoposto...ma più facilmente a queste ultime.
Come fa un imprenditore a fare utili?
Ha tre metodi in sostanza, 
- l'aumento del fatturato,
- l'aumento degli utili,
- la dimunizione delle spese.
Per le utilities (ovvero i famosissimi beni comuni) teoricamente l'aumento del fatturato non dovrebbe essere un metodo...anche se é notizia di ieri la condanna all'ergastolo di un primario milanese che falsificava cartelle cliniche proprio per aumentare il fatturato della propria clinica privata convenzionata.
Posso quindi affermare che l'aumento del fatturato nelle utilities provoca storture pericolose.
L'aumento gli utili si attua sostanzialmente riducendo il costo delle materie prime, che fino ad un certo punto é ottima cosa, ma superato questo diventa un abbassamento della qualitá fornita.
Finché questo avviene in un'azienda privata, nulla di grave. Saranno i clienti di questa azienda a premiare o punire questa politica di abbassamento della qualità senza abbassamento del prezzo. Ma nel caso di un bene comune questo significa solo abbassare la qualità del servizio senza un risparmio per la collettività. Direi quindi che anche questo caso non è di pubblica utilità.
La diminuzione delle spese é la parte che più mi sconforta.
Il primo risparmio che un'azienda privata attua, nel momenti in cui prende la gestione di una utility, é nel capitolo dell manutenzione. Ne sono esempio gli acquedotti, le reti energetiche, le stesse linee ferroviarie. Senza impegno di capitale pubblico le aziende concessionarie non riescono, o non vogliono, fare la manuntenzione adeguata.
Ma anche se un imprenditore privato avesse un cuore civile sconfinato, e pensasse al bene pubblico prima del proprio, dovrebbe comunque essere remunerato per il proprio lavoro.
Pensate che un 10% del fatturato sia un buon utile per una società?
Prendiamolo come dato di partenza.
Siamo sicuri, come cittadini, di voler pagare una maggiorazione del 10% per dei servizi che ci sono garantiti dalla Costituzione e dal nostro impianto sociale, solo per l'idea di una maggiore efficienza?
Certo, la più grande pubblicità che da oltre 20 anni si sbandiera per il passaggio gestionale dal pubblico al privato è l'efficienza.
Ma ora scopriamo che l'efficienza si riduce alla velocità di assunzione di persone richeste dalla politica locale e nazionale, senza concorso, senza merito, con stipendi incontrollati e incontrollabili. Scopriamo che l'efficienza privata paga consulenze fuori controllo del bilancio delle amministrazioni. Bilancio che per queste é sottoposto alla Corte dei Conti, la quale però nulla può nei confrondi di privati e pubblic companies.
La discussione é in atto.
Non é un discorso di destra o di sinistra, é un discorso di opportunità.