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Movimento 5 Stelle

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venerdì 19 luglio 2013

Se la polizia inizia a rapire i bambini

Non è una fine primavera normale, piove spesso. Ma quella sera di fine maggio sembrava cambiasse qualcosa, si avvicinava finalmente il tepore dell’estate. Ero da poco in quella casa, ospite straniera con mia figlia di parenti in una meravigliosa porzione di una città altrettanto meravigliosa. La culla del diritto, così dicono tutti.
La bambina dorme, ha sei anni ed ha giocato tutto il giorno con gli amichetti. La casa silenziosa, il giardino intorno scroscia dell’irrigazione automatica.
Come sempre mi attardo e prendo una tisana. Mi piace quando a fine giornata riesco a stare tranquilla per un po’ ad ascoltare il vento leggero che scende dai monti cittadini per arrivare al mare.
Il campanello del citofono squilla. Il video immortala un uomo che mostra un tesserino. Non comprendo la lingua scritta ma la voce perentoria mi ordina in un inglese stentato di aprire.
Non riesco neppure a capire come, mi trovo circondata da decine di uomini, alcuni incappucciati altri in borghese. Tutti comunque armati, chi con mitragliette chi con pistole, mi intimano urlando di restare immobile, e mi ammanettano.
La casa si sveglia e tutti vengono portati nella sala adiacente l’ingresso, tranne la cameriera a cui, in vestaglia e tramortita dalla paura, viene urlato di preparare qualche straccio per me e per mia figlia. Viene quindi spinta da alcuni di loro con le armi spianate verso la scala. Pochi istanti e sento mia figlia piangere disperata e la vedo arrivare portata da uno di loro. La scarica al mio fianco e mi urla di farla stare zitta.
La cameriera torna con una borsa, che le viene strappata di mano. Mi spingono via urlando insieme a mia figlia, che muta e con gli occhi sbarrati mi stringe la mano con una forza impensabile.
Riusciamo a vedere il mio avvocato, il quale mi spiega le cose che temevo. Il mio paese sta cercando mio marito. Lo accusano di essere un truffatore, un nemico della patria, un oppositore del Presidente. Ma non lo trovano. Non sanno dove sia. In verità non so neppure io dove sia. Non ho paura per me, temo per mia figlia. Temo che mi venga strappata.
Passa un giorno e capisco che vogliono consegnarmi alla polizia del mio Stato. Il mio passaporto non li convince, dicono che sia falso. Ma nessuno mi accusa di niente: semplicemente dicono che io e la mia piccola non possiamo stare lì. Che devono espellermi e rimandarmi a casa.


Rimaniamo tre giorni rinchiuse. Alle 17 di uno dei primi giorni di giugno io e mia figlia veniamo consegnate alla polizia che cerca mio marito sulla scaletta di un piccolo aereo con i motori accesi. Vediamo Roma dall’alto allontanarsi.




Sembra l’introduzione di un film in cui ci aspettiamo di vedere un agente segreto in smoking comparire sull’aereo e salvare la donna e la sua bambina.


Invece è la storia romanzata di una pagina vergognosa della storia dei giorni scorsi. L’ossimoro stride pensando ai giorni passati e alla storia, ma risulta evidente in quanto segna un momento di assoluta mancanza di sovranità del nostro paese e della completa cancellazione dei diritti umani avvenuta nella città eterna. Avvenuta, e questo è drammatico, per mano del nostro Ministero dell’Interno e dei suoi uomini.
Non interessa sapere cosa avesse commesso la donna. Non interessa sapere se il passaporto fosse o no valido. Non interessa sapere se il marito fosse un pericoloso terrorista o un finanziere spregiudicato o, peggio, un semplice oppositore del regime kazako. Non interessa perché non lo sapremo mai.


L’unico fatto che è degno di nota è che la Polizia del nostro Paese, patria del diritto occidentale, ha rapito una donna e la sua bambina le quali sono state espulse senza processo, senza indagini, senza che nessun funzionario italiano coinvolto pensasse al pericolo che le prigioniere avrebbero corso nel loro paese.
Uso il termine rapire non a caso. Se fosse stato un arresto, la bambina non sarebbe stata sequestrata insieme alla madre. Se fosse stata una semplice espulsione la stessa presenza della bambina avrebbe impedito una decisione così precipitosa delle autorità per sbarazzarsene.
C’è una sola definizione per tutto questo: crimine contro i diritti umani.
Qualcuno pagherà, certamente. Qualche funzionario verrà sospeso, si dimetterà, sarà trasferito. Ma l’unico responsabile politico è il nostro Ministro degli Interni. Il quale non essendo stato capace di comprendere la situazione oppure essendone all’oscuro o peggio ancora connivente, si è dimostrato una pedina nelle mani del suo mentore e si è macchiato di un crimine odioso e vergognoso calpestando i diritti umani di una bambina di 6 anni.


Non siamo più in una democrazia. Non siamo più in uno stato di diritto.
Un paese che rapisce ed espelle bambini non è degno della nostra cultura. I politici che hanno permesso questo devono semplicemente chiedere scusa e dimettersi, sparire dalla nostra vista per sempre.
E i loro colleghi, in prima fila la Ministra degli Esteri, devono in tutte le maniere andare a recuperare quella donna e la sua bambina.
Non lo devono fare per loro, per quella madre e per la sua bambina, lo devono fare per noi. Per i nostri bambini.
In caso contrario inizieremo a pensare di poter dare un volto alle due protagoniste della piccola pagina romanzata. Quello di nostra moglie e dei nostri bambini, rapiti dalla nostra polizia per stanarci...in quanto siamo oppositori politici.


© Paolo Vergnano

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